Un po’ di tempo libero in più vale una parte di stipendio?
Aumentano sempre di più le società che offrono ai loro dipendenti la possibilità di disporre di qualche ora in più di tempo libero in cambio di un taglio in busta paga.
Per alcuni è una possibilità, per altri una perdita di tempo e denaro.
Chi è favorevole, afferma che non serve rimanere in ufficio fino a tardi per accrescere il fatturato di un azienda. Oggi sta nascendo un nuovo modo di lavorare e guadagnare.
Le statistiche lo dimostrano: il 50% dei dirigenti italiani di successo sono giovani e usufruiscono della possibilità del lavoro flessibile e a distanza.
La proposta è apparsa allettante soprattutto alle donne che devono, con fatica, conciliare famiglia e carriera: aver più tempo da dedicare ai propri cari è un lusso a cui non vogliono rinunciare.
Esistono paesi, come la Svezia, dove molte aziende e uffici pubblici hanno fissato l’orario di lavoro a 6 ore al giorno, senza distinzioni di ruolo o di sesso.
D’altro canto, c’è chi vede in questa proposta un inutile spreco di tempo ad un elevato costo economico. Ricevere oggi uno stipendio ridotto vuol dire un cospicuo taglio alla pensione domani. Perchè in base al salario diminuiscono anche i contributi versati, e viste le nostre prospettive pensionistiche, si rischia di perdere una parte importante della somma prevista.
Non esiste ancora nel nostro Paese la cultura del lavoro da remoto: se un dipendente non è presente non si investe su di lui. A parità di competenze e abilità verrà scelto sempre quello presente a discapito del più innovativo a distanza.