La situazione dell’immigrazione in Italia
L’immigrazione in Italia non è di certo un fenomeno che si è verificato solo negli ultimi vent’anni. Infatti, i primi arrivi si sono verificati negli anni Sessanta. Lo stesso Pier Paolo Pasolini, sembrò prevedere come si sarebbe sviluppata la situazione nella sua poesia “Profezia” (1962).
Quanti sono gli immigrati che arrivano in Italia
Secondo alcuni dati riportati nel 2015, dal Ministero dell’Interno, sono state 27,393 le richieste d’asilo esaminate in Italia nel 2014, di cui 7789 hanno richiesto una protezione umanitaria. L’anno seguente, questi numeri sono quasi raddoppiati.
Per le richieste d’asilo, sono tre i tipi di permesso che vengono rilasciati:
-
il permesso di soggiorno per asilo politico, nel caso il richiedente sia perseguitato per motivi razziali, religiosi o politici;
-
il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, rilasciato se si ritiene che il richiedente subirebbe dei gravi danni se fosse costretto a rimpatriare;
-
il permesso di soggiorno per protezione umanitaria, previsto per i richiedenti a cui è stata rifiutata la protezione internazionale, ma che necessitano ugualmente protezione umanitaria. Questo tipo di permesso, tuttavia, non dura più di un paio di anni e i diritti che concedere sono piuttosto ristretti.
Ad ottenere lo status di rifugiato, è stato in media un richiedente su dieci e si hanno maggiori probabilità di ottenere uno dei permessi sopracitati.
La strage degli innocenti
Come e in che condizioni arrivano gli immigrati sulle nostre coste, tramite i barconi, e ancor di più colpisce la situazioni di bambini: più di 150 che attraversano il Mediterraneo, ogni anno, muoiono. Nel 2015 ne sono morti più di 340.
A diventare il simbolo di questa strage è stato il piccolo Aylan, il bambino siriano che giaceva senza vita, con il viso rivolto in basso, sulle coste turche. Non meno tremenda è stata la sorte della sua connazionale, Raghad, di nemmeno undici anni, che soffriva di diabete, e a cui gli scafisti avevano gettato in mare lo zaino con le fiale della sua medicina, segnando così la sua fine.
Straziante è stata addirittura la testimonianza di un volontario tedesco, Martin, che nel 2016, aveva recuperato un bambino morto in mare, che aveva visto nell’acqua, che ha così descritto quella situazione: “Ho avvicinato a me il corpo come se fosse ancora in vita, ha disteso le braccia, le piccole dita nell’aria. Il sole ha illuminato i suoi occhi, brillanti, teneri, immobili. Ho cominciato a cantare per consolare me stesso”.
E molti quelli che riescono a sopravvivere alla traversata, che non sono nemmeno accompagnati da un familiare, si perdono addirittura le tracce: ben ventotto di questi bambini scompaiono ogni giorno.